La musica in Sardegna dal Settecento a oggi

Le testimonianze sulle musiche in Sardegna nel Settecento ci pervengono da osservatori giunti dall’esterno: viaggiatori, funzionari statali, religiosi e persino dal principe Francesco d’Austria Este.
Cominotti-Nozze

Un seminario articolato in più incontri per definire un quadro abbastanza dettagliato della circolazione della musica nell’Isola dal Settecento ai giorni nostri.

Il secolo della svolta musicale: il Settecento

Bodenher - Stampa storica Sardegna
Gabriel Bodenher, Insul und Konigreich Sardinien, 1704 – carta a stampa a colori, incisione in rame

Nel corso del XVIII secolo l’attività musicale si svolge nelle principali città dell’isola, Cagliari e Sassari, e in centri meno estesi, ma egualmente vivaci, come Alghero. A Cagliari si consolida la presenza della Cappella Civica, una formazione strumentale e vocale attiva soprattutto nella Cattedrale e sostenuta direttamente dalla Municipalità della Capitale del Regnum Sardiniae. Intorno ad essa fioriscono progressivamente nel Settecento anche altre compagini strumentali, impegnate negli intrattenimenti mondani dell’aristocrazia o nelle numerosissime cerimonie civili e religiose.

Grazie alla fioritura a Cagliari e a Sassari di un’attività teatrale sempre più vivace, la musica si diffonde lentamente su tutto il territorio regionale. Le testimonianze sulle pratiche musicali presenti in Sardegna ci pervengono, nell Settecento, soprattutto da osservatori giunti dall’esterno: viaggiatori, funzionari statali, religiosi e poi da Francesco d’Austria Este, fratello della Regina di Sardegna (poi divenuto sposo della nipote Beatrice di Savoia), che nel 1812 scrive un’utilissima Descrizione della Sardegna. Sono stati loro a tramandarci le notizie su un mondo musicale stupefacente, ricchissimo e – alle loro orecchie – in gran parte esotico, almeno per quanto riguardava la musica di tradizione orale.

L’Ottocento di Nicolò Oneto in Sardegna

E’ necessario attendere l’arrivo in Sardegna di un musicista siciliano, Nicolò Oneto (1800 – 1872), per avere un quadro più dettagliato della circolazione della musica nell’Isola rispetto al Settecento e ai secoli precedenti. Nato a Palermo, Oneto si era formato a Napoli con Niccolò Zingarelli ed era stato collega ed amico di Vincenzo Bellini. 

Alla fine degli anni Venti, forse per le sue idee patriottiche, era giunto nell’Isola, impegnato come Maestro di Cappella, prima ad Alghero e, successivamente, a Cagliari, dove svolge un’attività musicale intensissima, dirigendo la Cappella Civica e l’Orchestra del Teatro. E’ a lui che si deve la riorganizzazione complessiva del Corpo Filarmonico di Cagliari, ovvero di tutte le compagini finanziate dalla Municipalità nelle quali confluivano i musicisti operanti nella città.

Oneto - Memoria Frontespizio

La sua Memoria sopra le cose musicali di Sardegna (Cagliari, Tipografia Monteverde, 1841) è il primo tentativo di tracciare una storia della musica colta in Sardegna, esaltando anche le qualità della musica tradizionale. Nel suo libro, Oneto raccoglie informazioni e dati storici sui maggiori centri della Sardegna, ribadendo l’urgenza di avviare nell’Isola un efficace programma di formazione musicale di base. Contemporaneamente però mette in luce con grande empatia gli aspetti legati alla danza e alla musica popolare e, in particolare, il canto polivocale e la presenza diffusa delle launeddas, che gli appaiono come un formidabile richiamo alle antiche culture: dall’Oriente biblico alla Grecia classica.

Già nel Settecento diversi studiosi, dediti alle più diverse discipline, avevano notato l’atipicità delle launeddas e ne avevano divulgato l’esistenza, come Francesco Cetti in Gli uccelli di Sardegna, (Sassari, Giuseppe Piattoli, 1776) e, più diffusamente, Matteo Madau in Le armonie de’ Sardi, (Cagliari, Reale Stamperia, 1787).  Le prime notizie ottocentesche a noi note di suonatori di launeddas, compaiono nella citata Descrizione di Francesco IV d’Austria Este, che non si addentra certo in considerazioni musicali, come nel caso di Oneto nella sua Memoria.

Canne, filo o spago, cera: nella sua rappresentazione delle launeddas il musicista siciliano si muove nel solco della leggenda del musico Marsia, che per realizzare il suo flauto doppio, o aulos, si serviva dei medesimi elementi costitutivi. E mette in luce i punti di contatto tra i due strumenti, analoghi per i materiali che li compongono, ma soprattutto per la prassi esecutiva che ne regola l’esistenza.

Convinto sostenitore dell’importanza della questione didattica, lo stesso Oneto istituisce a Cagliari una Scuola di musica gratuita, destinata a giovani di ogni estrazione sociale, presso la sua abitazione di via S. Giovanni 30. Musicista di indiscusso valore, Oneto è stato anche un autore apprezzato: oltre al melodramma eroico Amsicora (1933), ci ha lasciato diverse Cantate, numerose trascrizioni e moltissimi brani ecclesiastici.

I suggerimenti di Oneto vengono finalmente presi in considerazione qualche anno dopo la sua morte e, nel 1880, il Consiglio Municipale di Cagliari – abbandonati i modelli didattici della musica in vigore dal Settecento – ritiene che sia finalmente giunto il momento di istituire la Scuola Municipale di Musica nell’antica chiesa Santa Maria del Santo Monte di Pietà, in via Corte d’Appello.

A dirigere la scuola, con un pubblico concorso nazionale è chiamato il compositore Giuseppe Brunetti, che oltre a guidare la struttura vi insegna Solfeggio e Armonia, istruendo dei discreti allievi nell’aristocrazia e nella buona borghesia cagliaritana, tra cui spicca il nome di Ottorino Bacaredda, futuro sindaco di Cagliari. L’iniziativa di rendere funzionante un sistema educativo di musica sovvenzionato e controllato direttamente dalla Municipalità di Cagliari suscita l’approvazione della città; le iscrizioni sono numerose e l’esistenza dell’istituzione, com’era prevedibile, prosegue dopo il biennio sperimentale inizialmente previsto.

Il Novecento

Gli ultimi decenni del XIX secolo in Sardegna si accompagnano a un’ampia diffusione della musica teatrale, che dal circoscritto Settecento cagliaritano si propaga in tutte le sue molteplici forme e in ogni strato sociale, soprattutto nei centri più grandi dell’Isola. La musica della Sardegna balza agli onori della cronaca nazionale quando, nel 1911, in occasione del cinquantenario dell’Unità d’Italia, viene organizzata l’Esposizione Internazionale di Roma, incentrata sulla Mostra etnografica e regionale.

La grande Mostra è fortemente voluta dal Presidente del Consiglio Giovanni Giolitti per rappresentare la Nazione come esempio di civiltà e nasce dall’esigenza di far conoscere e valorizzare «la vita del popolo animata da contadini e contadine nei loro caratteristici costumi locali, per ravvivare industrie e forme d’arte rustica a torto dimenticate o decadute».

Anche grazie all’eco mediatica ottenuta dal padiglione della Sardegna all’Esposizione di Roma, dopo il 1911 si assiste a un vero e proprio sviluppo degli studi etnologici sulla musica sarda, che vede come principali protagonisti Giulio Fara (1880-1949) e Gavino Gabriel (1881-1979), autori di ricerche pionieristiche su diversi aspetti della musica dell’isola e artefici della sua divulgazione fuori dai confini regionali, anche attraverso lo spartito e l’incisione discografica. Da quel momento le pratiche culturali dell’isola sono oggetto di attenzione dall’esterno, soprattutto negli anni del Fascismo, che pone l’accento sul folklore con importanti manifestazioni propagandistiche, come le Celebrazioni della Sardegna del 1937, organizzate nell’Isola dalla Confederazione dei Professionisti e degli Artisti.

La musica e il fascismo

Sotto l’egida del regime fascista vengono fondate e si sviluppano le principali realtà musicali della Sardegna, come l’Istituto Musicale “Mario de Candia” – poi diventato Liceo musicale e infine Regio Conservatorio – e l’Istituzione dei Concerti di Cagliari. A fianco a un indiscutibile impulso della musica colta, il fascismo esalta la portata propagandistica della tradizione orale e favorisce la formazione dei primi gruppi folkloristici che, oltre a indossare l’abito tradizionale, portano fuori dai contesti tradizionali d’uso le danze e le musiche sarde. La musica italiana del passato ispira compositori di respiro nazionale, come Ennio Porrino, che dedicano alla produzione del Settecento e alla musica popolare una grande attenzione.

Nato a Cagliari nel 1910, Porrino lascia prestissimo la Sardegna e vive a Roma per quasi tutta la sua esistenza. Nel momento in cui il fascismo coinvolge gli ideologi, gli intellettuali, gli artisti nel processo di consolidamento istituzionale, il compositore porta a termine la sua formazione musicale con Ottorino Respighi, il maestro che all’inizio degli anni Trenta eccelle nella riedizione italiana di un genere tipicamente ottocentesco come il poema sinfonico.

Tra i primi frutti dell’invenzione porriniana, infatti, spicca il poema sinfonico Sardegna (1933), cui seguono presto molte altre composizioni che negli Anni Trenta valgono al giovane compositore un immediato successo: opere e lavori orchestrali, ma anche musiche per il balletto, il cinema e la radio. Con la guerra e la caduta del fascismo, il musicista vive un lungo periodo segnato da una ricerca stilistica sempre più individuale e solitaria: sono gli anni de I Shardana (1947), un’opera ispirata alla preistoria sarda.

Ennio Porrino

E’ un viaggio in Sardegna, intrapreso per comporre le musiche di un film ambientato in Gallura, che diventa per Porrino l’occasione per un reale contatto con il mondo musicale isolano, trasfigurato nelle danze dei Nuraghi (1952), nelle musiche dei documentari di Fiorenzo Serra, nella colonna sonora di Canne al vento (1958). E’ il momento di un più autentico rapporto con l’Isola, nella quale fino a quel momento Porrino era tornato solo poche volte, e che prelude, dal 1956, all’incarico di Direttore del Conservatorio di Cagliari. Nei pochi anni vissuti a Cagliari Porrino istituisce presso il Conservatorio il corso di Etnofonia sarda (che affida a Gavino Gabriel) e intraprende numerose iniziative di diffusione della musica, poco prima di spegnersi improvvisamente nel 1959.

Anche se l’incontro di Porrino con il canto popolare – così come accade alla maggior parte degli autori italiani suoi contemporanei – è stato del tutto indiretto, è indubitabile che, soprattutto nella seconda parte della sua produzione, la tradizione isolana sia diventata per lui un concreto richiamo espressivo, un simbolo di indubbio fascino, un motivo di elaborazione musicale inesauribile.

Il secondo dopoguerra

Dopo la guerra, la società sarda, ancora profondamente legata a sistemi produttivi arcaici, cambia molto lentamente e continua a esprimersi nella quotidianità e nelle occasioni di festa. Inevitabilmente l’avvento della cultura di massa e dei mutamenti sociali, economici e culturali del secondo dopoguerra producono fratture significative, soprattutto nei contesti d’uso del canto, della musica e della danza, che vengono percepiti come residui di un patrimonio di conoscenze ormai superate.

Ma a partire dagli anni Sessanta, grazie al successo del movimento del folk revival, la musica popolare della Sardegna viene riscoperta e rivalutata, si intreccia con la cultura politica di sinistra e diventa un centro di attrazione potente anche per le ricerche dei musicisti di estrazione non popolare. La raccolta di LP intitolata Musica sarda (1973), curata dagli etnomusicologi Diego Carpitella e Pietro Sassu e dal linguista Leonardo Sole, contribuisce praticamente agli studi sul patrimonio musicale della Sardegna.

La musica del nostro tempo

Si deve al compositore Franco Oppo (1935 – 2016), un rinnovato rapporto tra musica colta e tradizionale. Grande sperimentatore e autentico padre della Nuova Musica in Sardegna, docente al Conservatorio di Cagliari dal 1965, Oppo è stato molto attivo anche come didatta, teorico e organizzatore, elaborando un linguaggio personalissimo a partire dall’impiego delle strutture fondanti della musica tradizionale sarda, con particolare attenzione alla monodia arcaica femminile e al repertorio delle launeddas.

Franco Oppo

Il catalogo delle opere di Oppo comprende 88 composizioni. Tra queste, vanno almeno ricordati i due lavori teatrali, Praxodia II (1979) ed Eleonora d’Arborea (1986, dall’omonimo «racconto drammatico» di Giuseppe Dessì). Tra i principali lavori strumentali figurano invece Musica per chitarra e quartetto d’archi (1975), Quadri di guerra (composizione televisiva, elettronica – regia: Roberto Olla – 1984), Gallurese e Baroniese (per pianoforte a quattro mani – 1989 e 1993), Variazioni su tema di Mozart per orchestra (1991), Musica per 11 strumenti ad arco (1992), i due Concerti per pianoforte e orchestra (1995-97 e 2002), Alcune verità indimostrabili per 6 strumenti (2004).

Franco Oppo ha svolto anche un’imponente attività di ricerca sulle teorie compositive del Novecento e dell’età contemporanea, che ha proposto in pubblicazioni e conferenze.

Nel 1982 Franco Oppo ha fondato con altri musicisti cagliaritani l’associazione Spaziomusica e il suo Festival (del quale è stato a lungo il direttore artistico), che ha svolto un ruolo molto significativo anche a livello internazionale e ha portato a Cagliari compositori importanti come Luigi Nono, Iannis Xenakis, Karlheinz Stockhausen e Mauricio Kagel. Nella sua classe di Nuova Didattica della Composizione presso il Conservatorio di Cagliari si sono formati i compositori Fabrizio Casti, Antonio Doro, Lucio Garau, Marcello Pusceddu, Giorgio Tedde, Andrea Saba, Ettore Carta e Antonio Lai.

Bibliografia essenziale

MYRIAM QUAQUERO, ANTONIO LIGIOS, Cappelle, teatri e istituzioni musicali tra Sette e Ottocento, Sassari, Carlo Delfino Editore, 2006.

MYRIAM QUAQUERO, NIcolò Oneto e l’Isola dei ‘popoli sardi’, Sassari, Carlo Delfino Editore, 2000.

CONSUELO GIGLIO, Franco Oppo, Palermo, l’Epos, 2011.

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